La scuola Secondaria Mattei Di Vittorio nasce giuridicamente nel settembre 2000, dalla fusione delle adiacenti Scuola Media Statale Mattei e Scuola Media Statale Di Vittorio. Le due scuole, sorte sull’onda della scuola di massa negli anni sessanta hanno sempre svolto in pieno il loro compito di scuole di quartiere e di contesto sociale ben definito; diventate, dal 1° settembre 2000, istituzione autonoma, aspirano a diventare realtà educativa di riferimento per tutta la collettività.
 Enrico Mattei nasce il 29 aprile 1906 ad Acqualagna (Pesaro) da Angela   Galvani e da Antonio, secondo di cinque figli. La famiglia è modesta, il padre   brigadiere dei carabinieri. Con la promozione del capofamiglia a maresciallo i   coniugi Mattei si trasferiscono a Matelica in provincia di Macerata.
Enrico Mattei nasce il 29 aprile 1906 ad Acqualagna (Pesaro) da Angela   Galvani e da Antonio, secondo di cinque figli. La famiglia è modesta, il padre   brigadiere dei carabinieri. Con la promozione del capofamiglia a maresciallo i   coniugi Mattei si trasferiscono a Matelica in provincia di Macerata. 
Finite le scuole elementari, Enrico entra in   collegio a Vasto, dove frequenta la scuola tecnica inferiore. Le ristrettezze   della famiglia e la rigida disciplina imposta dal padre lo spingono a cercare   subito una sua autonomia, anche economica. Il padre lo fa assumere nella   fabbrica di letti di Scuriatti come verniciatore di letti di metallo, nel 1923   entra come garzone alla Conceria Fiore. La carriera di Mattei nell’Azienda è   rapida: prima operaio, poi aiutante chimico, infine, a soli vent’anni, direttore   del laboratorio.
              Intanto riesce ad aprire un negozio di stoffe per la madre.   Nel 1927, compiuto il servizio militare, torna a Matelica e diventa   collaboratore principale del padrone della Conceria. 
            Presto cominciano a   sentirsi gli effetti della crisi economica generale e gli affari iniziano ad   andare male. Nel 1929 la Conceria Fiore chiude, Mattei si trasferisce a Milano   dove continua la sua attività industriale aprendo assieme alla sorella e al   fratello la sua prima fabbrica, un piccolo laboratorio di oli emulsionanti per   l’industria conciaria e tessile. Nel 1934 fonda l’industria Chimica Lombarda.
            Si unisce in matrimonio con Greta   Paulas, nel 1936, a Vienna.
              Mattei si diploma ragioniere e si iscrive   all’Università Cattolica. Nel maggio 1943 incontra Giuseppe Spataro attraverso   il quale entra in contatto con i circoli antifascisti milanesi. Dopo il 25   luglio si unisce, assieme a Boldrini, ai gruppi partigiani operanti sulle   montagne circostanti Matelica. Tornato a Milano riprende i contatti con la Dc   locale che lo nomina, per le sue doti organizzative più che militari, comandante   del Corpo volontari per la libertà. Viene creato, nel 1944, un Comando militare   Alta Italia del CLNAI di cui Enrico Mattei fa parte per la Dc.
              Nei giorni successivi alla tormentata fine della   guerra civile in Italia viene incaricato di liquidare le attività dell’Agip e di   provvedere alla sostanziale privatizzazione degli asset energetici. Mattei   sceglie di disattendere questa indicazione, per conseguire un obiettivo che   riteneva fondamentale: garantire al Paese un’impresa energetica nazionale, in   grado di assicurare quanto serviva ai bisogni delle famiglie e allo sviluppo   della piccola e media impresa a prezzi più bassi rispetto a quelli degli   oligopoli internazionali. 
              Raddoppiò la perforazione dei pozzi, sfruttò al   meglio la ricerca mineraria nella Valle Padana, scelse le alleanze necessarie   dentro il governo e ai partiti che lo sostenevano per realizzare quanto aveva in   mente. Ci riuscì con l’istituzione, nel 1953 dell’Eni - dopo una lunga e   travagliata discussione - iniziata nel 1947, tra chi sosteneva ad oltranza   l’iniziativa privata e quanti erano fautori di una forte presenza dello Stato   nell’economia. 
              Mattei riuscì ad affermare il ruolo strategico dell’energia   nello sviluppo economico italiano e a ispirare fiducia nel possibile miracolo   dell’indipendenza energetica.
              Fu abile nel costituire una rete di   collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazionale e questo divenne uno   dei punti di forza che la società, oltre gli interessi specifici, seppe offrire   all’azione diplomatica dell’Italia. Fu tra i primi a coltivare lo spirito di   frontiera e il rispetto delle culture diverse. 
              
              Il 27 ottobre 1962 il   "Morane Saulnier 760" di Mattei proveniente da Catania e diretto a Linate   precipita a Bascapè (Pavia). Muoiono il presidente dell’Eni, il pilota Irnerio   Bertuzzi, e il giornalista americano William Mc Hale.
Tratto da:
              (http://www.eni.it/cultura-energia/ita/enrico_mattei_biogr_ita.htm)              
            
 Giuseppe Di Vittorio nasce a Cerignola il 13 agosto del 1892. Il padre   Michele è un lavoratore dei campi e tutta la famiglia è costituita da braccianti   agricoli. Nel 1904, nel maggio, partecipa ad una manifestazione di lavoratori   agricoli, durante la quale interviene la polizia. Quattro lavoratori vengono   colpiti a morte. Fra questi un suo giovane amico quattordicenne, Antonio   Morra.
Giuseppe Di Vittorio nasce a Cerignola il 13 agosto del 1892. Il padre   Michele è un lavoratore dei campi e tutta la famiglia è costituita da braccianti   agricoli. Nel 1904, nel maggio, partecipa ad una manifestazione di lavoratori   agricoli, durante la quale interviene la polizia. Quattro lavoratori vengono   colpiti a morte. Fra questi un suo giovane amico quattordicenne, Antonio   Morra.
            Nel 1910, alla fine di novembre, diventa segretario del circolo   giovanile socialista di Cerignola, che prende il nome di "XIV maggio 1904", per   ricordare l'eccidio consumato in quell'anno. Il circolo prende ben presto un   indirizzo a carettere sindacalista rivoluzionario, staccandosi dal PSI e   aderendo alla Federazione di Parma della gioventù socialista.
            Nel 1915 è richiamato in guerra e dopo aver partecipato a parecchie azioni   rimane ferito. Per il suo passato di "sovversivo", dopo un lungo peregrinare,   viene inviato a Porto Bardia, in Libia. 
            Nel 1921 viene eletto deputato   mentre è detenuto nelle carceri di Lucera.  La elezione a deputato avviene in   circostanze del tutto eccezionali. Esse ci offrono un quadro della situazione   non solo personale, ma ci indicano lo scontro sociale in atto tra la fine del   1920 e la metà del 1921. 
            In questo periodo dilaga il fascismo, con la   violenza piu' spietata, in molti centri pugliesi considerati le roccaforti del   movimento socialista e, soprattutto, delle orgsnizzazioni sindacali dei   lavoratori. Queste fanno capo, in parte, alla CGdL, di orientamento socialista,   e in misura consistente (Cerignola, Minervino, Corato, Bari) all' Unione   sindacale italiana, di cui Di Vittorio è il maggiore e piu' qualificato   esponente. La resistenza al fascismo era molto forte in Puglia e Di Vittorio ne   era uno degli animatori piu' convinti e deciso. Ed è proprio in seguito ad uno   sciopero regionale antifascista, in un momento in cui il movimento operaio è   gia' in ritirata, che Di Vittorio viene arrestato.
            Su pressione delle leghe e della Camera del Lavoro viene candidato alle   elezioni del 1921; lo scontro in quella campagna elettorale è totale: i fascisti   provocano una strage a Cerignola (nove lavoratori uccisi). Nonostante il clima   di violenza e di intimidazione Di Vittorio viene eletto. Per tutto il 1921 e   fino ai primi mesi del 1923, l'attenzione preminente di Di Vittorio e' rivolta   alla situazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni in Puglia, sottoposta   ad un'opera di logoramento fino alla distruzione. Egli stesso e' bandito dalla   sua citta', dai fascisti di Cerignola. Ma e' a Bari che egli mette a profitto   tutta la sua esperienza, nella Camera del Lavoro. L'occasione e' offerta dallo   sciopero nazionale, detto "legalitario", dell'estate 1922, che ha luogo in tutta   Italia per imporre la fine delle delle violenze fasciste ed il ritorno al   rispetto della legge. 
            Indetto dall' Alleanza nazionale del lavoro lo   sciopero si risolse in una amara sconfitta: furono poche le realta' nel quale si   costitui' un ampio schieramento antifascista. Una di queste e' stata Bari, e la   sua Camera del Lavoro che riusci' a costituire un ampio schieramento di forze   (socialisti, sindacalisti, anarchici, comunisti, ufficiali fiumani, arditi del   popolo) e tenne in scacco i fascisti fino all'ottobre del 1921, quando   intervenne l'esercito a conquistare e sciogliere la Camera del Lavoro.
            
            Sul finire del 1922 per Di Vittorio non e' piu' possibile vivere in Puglia.   Si trasferisce a Roma. Nel 1924 avviene l'incontro con Antonio Gramsci e con   Palmiro Togliatti, che lo porta ad aderire al Partito Comunista. Insieme con   Ruggiero Grieco, dirigente comunista pugliese, avvia un'interessante lavoro per   gettare le basi di un'organizzazione autonoma dei contadini italiani, in primo   luogo nelle regioni meridionali. Il clima e' quello della semilegalita' che ben   presto diventera', ai primi di novembre del 1926, illegalita' piena e totale.
            
            Fra il 1928 ed il 1930 è in Urss, rappresentante del Pcd'I presso   l'Internazionale Contadina. Nel 1930 va a Parigi per far parte del gruppo   dirigente del PCI e per assumere l'incarico di responsabile della CGIL   clandestina. E' fra i primi ad accorrere in Spagna dove ad Albacete partecipa   all'organizzazione delle Brigate Internazionali con Luigi Longo e Andrè Marty ed   altri dirigenti. Rientrato in Francia nel 1939 dirige "La voce degli italiani",   quotidiano antifascista. Arrestato nel 1941 viene tradotto in Italia e destinato   a Ventotene. Nel '43 viene liberato e partecipa alla lotta di Liberazione.
            
            Firmatario del Patto di unità sindacale di Roma del 1944 con Achille Grandi   per i democristiani e Emilio Canevari per i socialisti, diviene segretario   generale della Cgil unitaria e poi, dopo la scissione, della Cgil fino alla sua   morte. Tra le sue innumerevoli iniziative, va almeno ricordato il Piano per il   lavoro, del 1949. Nel 1953 viene eletto presidente della FSM   (Federazione Sindacale Mondiale).
            
            Deputato alla Costituente del '46, la sua convinta adesione agli ideali   comunisti fu comunque sempre contraddistinta da una totale autonomia, che ebbe   il suo momento più noto nella condanna decisa della feroce repressione sovietica   in Ungheria nel 1956. Un altro punto fermo del suo pensiero fu il rifiuto della   violenza nelle lotte di massa e nell’azione del movimento sindacale, convinto   come era che nel nuovo regime democratico ai lavoratori erano dati gli strumenti   pacifici per sviluppare le loro rivendicazioni e per allargare la loro influenza   sugli altri ceti della popolazione italiana.
            Non ebbe esitazioni ad ammettere   pubblicamente gli sbagli della organizzazione che dirigeva, e memorabile in   questo senso rimane il discorso al comitato direttivo della Cgil dell’aprile del   1955, dopo la sconfitta alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori alla   Fiat.
            
            Morì il 3 novembre del 1957 a Lecco, dopo un incontro con i delegati   sindacali.
(Tratto da:
 
            (www.romacivica.net/anpiroma/antifascismo/biografie%20antifascisti136.html)